SCUOLA MEDIA INFERIORE E SUPERIORE (CINEMA ODEON)
YOUNGABOUT INTERNATIONAL FILM FESTIVAL E … DINTORNI XVII EDIZIONE
Nel Buio Della Sala, La Luce Di Altri Mondi
Bologna 8-9-10 novembre e 24 novembre – 7 dicembre
Educare ai sentimenti e alle emozioni attraverso la visione di film di qualità inediti in Italia
SCUOLE SECONDARIE DI PRIMO E SECONDO GRADO CINEMA ODEON
Sezione YOUNG HISTORY
CINEMA ODEON, Venerdì 24 novembre, ore 9,30
CINGOLI ROSSI
Regia, sceneggiatura, Montaggio: Danilo Caracciolo; contributo alla sceneggiatura: Mauro Maggiorani; Fotografia: Andrea Dalpian; Musica: Riccardo Nanni; Illustrazioni di Otto Gabos; Cast: Arturo Ansaloni, Francesco Ansaloni, Chiara Ansaloni, Rita Ansaloni, Paolo Ansaloni, Carla Lanzoni, Graziano Borghi, Nicola Bulgari, Mauro Maggiorani, Paola Infantino, Marta Magrinelli, Federico Sella; Prodotto da Video Magazine con il sostegno della Regione Emilia-Romagna attraverso l’Emilia-Romagna Film Commission, Italia, 2023, 75’
Età consigliata: 13+
In molti a Bologna e a San Lazzaro di Savena non conoscono ancora l’esistenza del “Museo Memoriale della Libertà”, sorto accanto (e per merito di) al grande vivaio Ansaloni. Il documentario Cingoli rossi nasce sulla base di lunghe ricerche negli archivi della documentazione raccolta negli anni da Edo Ansaloni, ricerche storiche e archivistiche tuttora in corso, coordinate e sotto la supervisione del professore Mauro Maggiorani.
Nel documentario la straordinaria biografia di EDO ANSALONI (13 marzo 1925 – 31 gennaio 2020), pioniere del florovivaismo europeo, collezionista, cineoperatore e fotografo della Liberazione di Bologna, emerge tra gli spazi della sua creatura più amata, il “Museo Memoriale della Libertà”. Collocato in prossimità dei cimiteri dei soldati del 2° Corpo polacco e del Commonwealth, fondato all’inizio del terzo millennio grazie alla volontà e all’ostinazione di Ansaloni, il memoriale rappresenta un unicum nel panorama museale e collezionistico internazionale sui temi della Seconda Guerra Mondiale; un percorso immersivo e sensoriale emozionante attraverso cinque scene di vita quotidiana (dal rastrellamento di civili per mano tedesca del sistema Todt al bombardamento aereo), oltre 50 veicoli militari originali e un convoglio ferroviario, con relativa locomotiva, che ospita la mostra permanente sulla deportazione verso i campi di sterminio. Il padre, Arturo, avviò per primo la raccolta di mezzi militari nel dopoguerra, intuendo l’importanza di un loro riutilizzo nell’agricoltura e nella vivaistica. Gli Ansaloni acquisirono jeep, camion, bulldozer, caterpillar, semicingolati tra le centinaia di mezzi abbandonati dagli Alleati in Italia. Ridipinti di rosso, il colore della loro azienda, li impiegarono per trasportare alberi e piante lungo le strade devastate dell’Emilia-Romagna post bellica. Gli Ansaloni aiutano i soldati sbandati dopo l’8 settembre a nascondersi per sfuggire alla deportazione, fornendo loro abiti civili. E dopo il 25 aprile 1945 sarà Arturo a coordinare le operazioni di recupero dei cadaveri dei prigionieri fucilati e sepolti nelle “fosse” di San Ruffillo. Edo fotograferà con la sua Leica tutte le operazioni, in questa fase cruciale della vita nazionale sarà sempre al fianco del padre. Appassionato di fotografia Edo effettua scatti e riprese preziose. Sue sono le foto più note dell’ingresso degli Alleati nella città felsinea la mattina del 21 aprile 1945, pubblicate nel volume “La liberazione di Bologna rivissuta attraverso l’obiettivo di Edo Ansaloni”; suo è anche l’unico filmato esistente del processo e della fucilazione del criminale e milite fascista Renato Tartarotti. Il contatto diretto e travolgente con la storia è per Edo un momento di formazione. Osservatore privilegiato grazie al padre Arturo, come si è detto, ha immediata coscienza che ciò che gli sta scorrendo davanti è la storia con la “S” maiuscola: per questo si adopera perché venga fermata sulla pellicola e negli oggetti materiali. Lo fa nel 1945 e continuerà a farlo per tutti gli altri anni della sua lunga e intensa vita. La collezione che arricchisce il museo nasce per iniziativa del padre che per primo avviò la raccolta di mezzi militari, avvalendosi anche dell’esperienza tecnica maturata come motorista di aeroplano durante la Grande guerra. Il museo nasce nel 2000, il percorso espositivo fu progettato tra il 1998 e il 1999 con la consulenza storico scientifica dell’Istituto per i Beni Culturali della Regione Emilia-Romagna e il sostegno di autorevoli personalità cittadine, a cominciare dall’ex sindaco Renzo Imbeni che, più di altri, credette in questo progetto.
Autore e regista, DANILO CARACCIOLO dal 1997 realizza documentari, cortometraggi, spot pubblicitari, videoclip musicali, oltre a curare la regia di eventi istituzionali. Giornalista pubblicista, ha realizzato oltre 200 video-servizi per il Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca ricevendo nel 2010 il premio giornalistico “Medardo Manara”. Collabora anche con l’Università di Bologna, occupandosi di produzione audiovisiva e media education. Tra gli ultimi documentari premiati, ricordiamo Piccolo cane nero, storie di case del popolo, premio miglior sceneggiatura e miglior regia al Festival Cinema Libero di Roma; Sergov, Menzione speciale della giuria Collecchio FF; e Una mappa per due, premio del pubblico al French Riviera Motorcycle Film Festival 2020 di Nizza.
Storico, scrittore, giornalista pubblicista, MAURO MAGGIORANI insegna Integrazione politica ed economica dell’Unione europea all’Università di Bologna. Ha pubblicato saggi sull’Italia contemporanea e, relativamente alle tematiche europee, sulla politica estera della sinistra italiana, tra cui L’Europa da Togliatti a Berlinguer, scritto con Paolo Ferrari e con la postfazione di Giorgio Napolitano (il Mulino, 2005) e Un sogno chiamato Europa, con l’introduzione di Romano Prodi (Clueb, 2021). Fa parte, inoltre, della presidenza dell’Anpi di Bologna.
TEMI TRATTATI: Storia di una famiglia bolognese – Documentazione sulla Seconda Guerra Mondiale – Nascita di un museo
CINEMA ODEON, lunedì 27 novembre, ore 9,30
SHABU
Regia e Sceneggiatura: Shamira Raphaëla; Direzione della Fotografia: Jurgen Lisse, Jefrim Rothuizen, Gregg Telussa, Rogier Timmermans; Montaggio: Lykle Tuinstra, David Verdurme; Musica: Michael Varekamp ; Produzione: Tangerine Trees, Paesi Bassi, Belgio, 2021, 75’
Premi: Award Best Youth Film 2021 IDFA; Menzione speciale “International Jury Generation Plus Competition” Berlinale 2022
Età consigliata: 12+
Shabu canta e suona la batteria, balla e ride, anche per cercare di sdrammatizzare la situazione in cui si è cacciato per superficialità e per sfidare la sorte. La nonna, amata e temuta capostipite della sua famiglia olandese-caraibica, è in collera con lui. Si rifiuta di parlargli e di perdonarlo per aver distrutto l’automobile, guidandola di nascosto. L’unica condizione posta dall’anziana donna per far pace è che Shabu guadagni del denaro sufficiente per riparare il veicolo. Addio amate vacanze, invece di trascorrere l’estate immerso nella musica e nei videogiochi, il ragazzo deve lavorare e guadagnare soldi, vendendo gelati e rifornendo e riordinando gli scaffali dei supermercati. La regista Shamira Raphaëla pedina il suo protagonista, intenta a cogliere i suoi mutevoli stati d’animo. Allo stesso tempo, ritrae il luogo che lui chiama casa, il discusso progetto di edilizia residenziale De Peperklip di Rotterdam, un quartiere di periferia, da cui tutti vorrebbero fuggire, ma che è amato da Shabu. Questo documentario si segue come una fiction e delinea un allegro ritratto di un adolescente a Rotterdam, costretto ad assumersi la responsabilità delle sue azioni. Molto interessante il punto di vista espresso dalla regista, che, come documentarista, sulla base dei suoi precedenti lavori e delle sue esperienze di vita ha scelto di raccontare le vicende di un adolescente, mettendo in evidenza gli aspetti positivi e anche divertenti, volutamente trascurando quelli “critici”. “Il mio film precedente era un film per bambini che ha vinto numerosi premi e raccontava la storia di un bambino che viveva in condizioni terribili. Dopo aver finito quel film, ho sentito che non era giusto usare le storie delle persone. Ho avuto l’impressione che, nel cinema documentario, ci sia questa tendenza a “sfruttare” il dolore degli altri, soprattutto il dolore delle persone emarginate. E poi lo trasformiamo in intrattenimento per le persone più in alto nella società. Con Shabu desideravo fare un film sulle cose normali, sull’amore, sull’amicizia – niente di estremo, niente di fuori dall’ordinario”
SHAMIRA RAPHAËLA (1982) è una regista di madre olandese e padre di Curaçao, cresciuta ad Aruba. Dopo aver completato il liceo nei Caraibi, si è trasferita nei Paesi Bassi dove ha conseguito nel 2006 la laurea in Arti audiovisive presso l’Accademia di Arte e Design Artez. Attualmente vive a Rotterdam, Paesi Bassi. Il suo documentario d’esordio Deal With It è stato un film personale e crudo sui modelli familiari distruttivi e sull’amore incondizionato, che ha vinto numerosi premi internazionali nel 2015. Ha vinto il premio Karin de Bok Talent all’IDFA 2018 per l’ulteriore sviluppo della sceneggiatura di Downfall of a Superwoman. Il documentario Lenno & the Angelfish ha vinto il premio per il miglior documentario per bambini all’IDFA 2017 e ha ricevuto il premio per il miglior documentario europeo per bambini dalla European Children’s Film Association durante la Berlinale nel 2019. Nel 2019 Shamira ha ricevuto il premio cinematografico più prestigioso dell’Olanda, il Vitello d’Oro, al Netherlands Film Festival per il suo documentario Daddy and the Warlord, ambientato nella Liberia devastata dal dopoguerra. Nello stesso anno ha anche realizzato un documentario sull’ascesa del populismo di destra e della supremazia bianca nei Paesi Bassi, intitolato Our Motherland.
TEMI TRATTATI: Amicizia – Educazione alla responsabilità
Sezione YOUNG HISTORY
CINEMA ODEON, martedì 28 novembre, ore 9,30
DELEGATION (Ha’ Mishlahat)
Regia e Sceneggiatura: Asaf Saban; Direttore della Fotografia: Bogumił Godfrejów; Montaggio: Michal Oppenheim; Musica: Assaf Talmudi; Scenografia: Ewa Mroczkowska; Costumi: Inbal Shuki, Monika Grzeszczyk; Interpreti: Yoav Bavly (Frisch), Neomi Harari (Nitzan), Leib Lev Levin (Ido), Ezra Dagan (Yosef), Alma Dishy (Einat); Produzione: Koi Studio, Gum Films, In good company; Distribuzione: New Europe Film Sales; Polonia, Israele, Germania 2023, 101’
Età consigliata: 13 +
Alla fine dell’anno scolastico un gruppo di ragazze e ragazzi parte da Israele per visitare i campi di sterminio di Auschwitz e Treblinka in Polonia: è un viaggio culturale, un viaggio della memoria, con la valenza di un pellegrinaggio nei luoghi “santi” del martirio e del sacrificio di milioni di vittime. Accompagnatore del gruppo è un anziano superstite, nonno di uno dei giovani protagonisti del film. Negli anni moltissimi giovani israeliani hanno affrontato questo percorso, dopo la maturità e prima del servizio di leva. Per i personaggi del film Delegation, così come lo fu per il giovane regista, in realtà il viaggio è una prova iniziatica, per guardare dentro sé stessi, per comprendere i propri limiti, per ritrovare libertà sconosciute, per aprirsi al mondo. Come afferma il regista “In Israele cresciamo sentendoci dire che siamo circondati da “nemici”. È uno stato d’animo… Volevo mostrare questo folle contrasto tra i luoghi della memoria e lo stare con i tuoi amici in una giornata di sole, in autobus o in qualche albergo, che si trasformano nelle nostre nuove “zone sicure”. Viene detto loro di stare attenti, vengono messi in guardia contro tutti, inizi davvero a credere che il mondo esterno sia tutto morte.” Anche nel racconto cinematografico nel lasciare il proprio Paese i ragazzi hanno inizialmente tanti timori, poi, arrivati in terra straniera e appurato che il temuto odio non viene manifestato da nessuno, la tensione si allenta e inizia davvero un viaggio all’estero, con le dinamiche adolescenziali dei primi amori, delle cotte, delle gelosie, delle discussioni interminabili, dei litigi, delle alleanze e delle separazioni. Guardare all’interno dell’autobus turistico film sul tema della Shoah, ascoltare i racconti dell’anziana guida, vede fremere i giovani in gita, che hanno desiderio di nuove emozioni, di abbracci e sguardi appassionati, quasi rifiutando il passato. C’è però chi sceglie di staccarsi dal gruppo e di procedere da solo, con i suoi tempi e le sue modalità, per poi ricongiungersi, dopo aver ottenuto le risposte esistenziali che cercava. Il film, con ritmo ed energia, mostra il confronto dialettico tra il ricordo indelebile del grande dramma della storia, con i piccoli drammi della vita degli adolescenti: la libertà di azione senza i genitori, lo sperimentare un’intensità emotiva difficile da elaborare e comprendere, la confusione e il caos ormonale
ASAF SABAN è nato in Israele nel 1979, si è laureato al Beit Berl College, vive e lavora a Tel Aviv. Ha ricevuto cinque volte la prestigiosa borsa di studio della Fondazione Culturale America-Israele per gli eccezionali risultati ottenuti durante i suoi studi. Negli ultimi anni ha collaborato con molteplici artisti israeliani sui progetti audiovisivi presentati in musei di tutto il mondo, ad es. Tate Modern a Londra e Museum of Art a Tel Aviv. Ha diretto nel 2007 “Ha Modedim” (Mapping), e i cortometraggi Regila (On Leave) nel 2009; Bayit Bagalil (Outdoors) nel 2017; Blessed Is the Men nel 2018; Paradise nel 2021; infine il lungometraggio Ha’Mishlahat (Delegation) nel 2023
TEMI TRATTATI: Viaggi di istruzione – Autonomia e responsabilità – Rapporti intergenerazionali – Trasmissione della Memoria
CINEMA ODEON, mercoledì 29 novembre, ore 9,30
DESPERTÉ CON UN SUEÑO (I woke up with a dream)
Regia, Sceneggiatura: Pablo Solarz; Fotografia: Marcelo Iaccarino; Montaggio: Valeria Racioppi; Musica: Sebastián Caride; Scenografia: Alejandro Castiglioni; Costumi: Julieta Broglia; Interpreti: Lucas Ferro, Romina Peluffo, Mirella Pascual, Mariana Smilevitz, Ema Sena; Produzione: Pampa Films, Mutante cine, Aramos Cinema, Argentina, Uruguay, 2022, 75’
Premi: Premio speciale della critica al Malaga Film Festival 2023
Età consigliata: 12 +
Desperté con un Sueño è un film molto coinvolgente, la storia cresce a poco a poco, e lo spettatore viene gradualmente assorbito, identificandosi con il giovane protagonista e con il suo processo di crescita, di maturazione e di scoperta. Felipe fa un sogno: è sul palco e si esibisce con passione mentre sua madre, sua nonna e il suo defunto padre fanno parte del pubblico e lo guardano con entusiasmo. Dopo il risveglio, deve riprendere contatto con la realtà. La sua passione per la recitazione deve essere nascosta, perché è qualcosa che la madre, Mara, teme fortemente. Non ne può parlare con lei e nello stesso tempo la donna non motiva in nessun modo il suo divieto di studiare teatro. Al ragazzo non resta che agire di nascosto. Felipe è un adolescente che trascorre le sue giornate andando in bicicletta con gli amici lungo le strade deserte della cittadina balneare dove vivono, rappando freestyle e prendendo segretamente lezioni di recitazione, fortemente motivato dal suo insegnante, che riconosce e valorizza il suo talento. Di fronte alla possibilità di fare un provino per un film, Felipe fugge a Montevideo, dove riesce a incontrare la nonna paterna che non vedeva da anni, dalla morte del padre, e, piano piano rimette insieme i pezzi del suo passato. Durante il provino Felipe si confronta con i segreti e gli inganni di famiglia, i confini tra sogno e realtà, verità e menzogna, drammi e vita reale diventano sempre più sfumati. “Cresceremo, commetteremo errori e impareremo da essi, soffriremo, rideremo ad alta voce, invecchieremo, ci ammaleremo, moriremo. Nel frattempo, caro Felipe Zavala, dobbiamo vivere”.
PABLO SOLARZ sceneggiatore, regista, attore e insegnante argentino. Autore di Lo sceneggiatore, ha studiato inizialmente alla Escuela de Teatro de Buenos Aires de Raúl Serrano (ETBA) prima di conseguire una laurea in cinema al Columbia College di Chicago. Poi è tornato nel suo paese d’origine e, negli ultimi 20 anni, ha coordinato laboratori di sceneggiatura e ha lavorato lui stesso come sceneggiatore. Nel 2009 ha realizzato Juntos para siempre, il suo primo lungometraggio come regista, nel 2017 El último traje (L’ultimo vestito), e infine nel 2022 Desperté con un sueño.
TEMI TRATTATI: Rapporto genitori-figli – relazioni familiari – coltivare le passioni
CINEMA ODEON, giovedì 30 novembre, ore 9,30
BRATAN
Regia: Bakhtyar Khudojnazarov; Sceneggiatura: Bakhtyar Khudojnazarov, Leonid Machkamov; Direttore della Fotografia: Achmad Bakajev; Montaggio: Tatiana Maltseva; Scenografia: Nigmat Jouraiev; Costumi: A. Allabergenova; Musica: Achmad Bakajev; Interpreti: Firus Sasaliyev (Farukh), Timur Tursunov (Azamat); Restauro: Veit Helmer-Filmproduktion, Laboratorio: Cinegrell; Produzione: Tajik Film Soyus Telefilm; URSS, 1991, 98’
In Concorso al IX Festival Internazionale Cinema Giovani di Torino (1991) dove ottenne il premio come miglior film. Riproposto, restaurato, dalla Biennale di Venezia nella Sezione Venezia Classici, 2023
Età consigliata: 13 +
Due fratelli, uno di 17 e l’altro di 7 anni, vivono con la nonna in una remota cittadina tagìca: si chiamano Farukh e Azamat, soprannominato “Pancake”. Il ragazzo più grande sembra coinvolto nella microcriminalità: lui e i suoi compagni lanciano fagotti contenenti vodka oltre le mura della prigione cittadina per rifornire i detenuti. Ma in quella cittadina Farukh si annoia, non ha stimoli e la responsabilità per la crescita del fratellino gli pesa troppo. Coltiva un piano, raggiungere il luogo dove è “fuggito” il padre, medico in un sanatorio: lui e il fratellino, curioso e vivace, saliranno a bordo di un traballante e antiquato treno merci, guidato dal loro amico, “zio” Nabi, affrontando un viaggio incredibile attraverso il Tagikistan, tra colline e montagne, città e villaggi, fino al confine afgano. I due ragazzi ignorano ancora le reazioni del padre alla loro vista. Sarà felice di rivederli? O continuerà ad ignorarli? Questo film è incentrato sul viaggio, non sul finale. Agli spettatori non resta che godere di una magnifica fotografia e di inquadrature che sembrano opere d’arte pittorica. Scorrono davanti ai nostri occhi di spettatori paesaggi brulli e assolati, alla maniera dei film western, con personaggi “strani” che entrano ed escono dalla scena, esperienze quasi surreali per i due fratelli: il treno a un certo punto sfida un trattore in una corsa lungo la strada parallela ai binari, e c’è una bella immagine di alcuni cavalli che galoppano davanti a loro, come in una specie di sogno. L’autista “Zio” è un personaggio giocoso, fa salire a bordo varie persone e si ferma nelle stazioni lungo il percorso e apparentemente intrattiene anche rapporti con le donne nella sua carrozza; questo è qualcosa che il piccolo Pancake riesce a malapena a comprendere mentre sbircia attraverso un foro. Il regista girò questo film a 28 anni, e il racconto ha una freschezza, una tenerezza e una malinconia che ricorda il primo Truffaut
BACHTJAR CHUDOJNAZAROV è nato a Dušanbe nel 1965, è morto a Berlino nel 2015 a soli 49 anni. Diplomato presso l’istituto di Cinema sovietico (Dipartimento di regia) di Mosca nel 1989. Da studente ha girato due cortometraggi, Jokers e Believe It or Not (presentato al Forum of Young Cinema di Carlov-Vary). Nel 1991 ha girato Bratan a soli 28 anni. Nel 1993 ha diretto il film Kosh ba kosh (Pari e patta) con cui ha vinto il Leone d’argento alla Mostra internazionale del cinema di Venezia, nel 1999 ha diretto Luna Papa, che ottenne diversi premi in vari festival internazionali e trionfato ai Nika russi: miglior film, regia e attrice, nel 2012 Waiting for the Sea, che aprì il festival di Roma. Il suo ultimo film fu Major Sokolov’s Courtesans, girato nel 2014
TEMI TRATTATI: Viaggio – Rapporti familiari – Avventura
CINEMA ODEON, venerdì 1 dicembre, ore 9,30
DOJO
Regia: Boris Paval Conen; Sceneggiatura: Joost Schrickx, Evianne Lamme, Ashar Medina ; Direttore della Fotografia: Joris Bulstra; Montaggio: Jef Hertoghs; Musica: Alberto Arifi, Donny Ulendorp; Scenografia: Rosie Stapel, Fieke Nicolai; Interpreti: Souhail Attahiri, Sokol Biblekaj, Emmanual Ohene Boafo, Matin Dadfar, Glen Faria; Produzione: Phanta Basta!, Olanda, 2023, 88’
Selezionato per la Golden Calf Competition 2023
Età consigliata: 12+
Il tredicenne Brandon vive in un tipico sobborgo della periferia olandese. Quando lui e il suo migliore amico Stefano irrompono illegalmente in una palestra di judo, Brandon viene catturato da Kai, proprietario del dojo. Quest’ultimo fa un’offerta al ragazzo: essere consegnato alla polizia oppure iniziare a prendere lezioni di judo. L’adolescente, all’inizio scettico, si rende presto conto che la filosofia pacifica e la disciplina dell’arte marziale gli offrono esattamente ciò di cui aveva bisogno. La sua nuova passione, però, mette a dura prova l’amicizia con Stefano. La palestra di Judo diventa per Brandon, cresciuto senza regole e valori, una vera e propria scuola di vita, dove ha la possibilità di “apprendere” il rispetto come valore fondamentale, non solo nell’agone sportivo, ma nel quotidiano. In un’epoca in cui tutto appare possibile, quasi senza limiti, dove l’assenza di regole non procura libertà, ma insicurezza e confusione, e il mondo virtuale e l’uso degli smartphone lasciano sempre meno spazio ai contatti umani, è fondamentale comprendere che le nostre azioni non devono danneggiare chi ci sta accanto, che la capacità di empatia va allenata e coltivata, così i sentimenti. Nella palestra frequentata da Brandon l’insegnante-educatore favorisce le relazioni umane basate sul rispetto per i propri compagni, per l’allenatore e per gli avversari. Il film Dojo, senza falsi moralismi, con linguaggio asciutto, privo di retorica, mostra come lo sport può diventare una valvola di sfogo per le energie inespresse, arrivando a salvare i giovani. Può mettere argini a una vita sregolata, fatta di eccessi e di scelte sbagliate, che spesso si compiono senza riflettere sulle conseguenze che comportano. La pratica del lavoro collettivo per un progetto comune, dando importanza al rispetto di sé stessi e degli altri, senza sentirsi invincibili davanti ai compagni quando si è più bravi, o sconfitti se si sbaglia, può migliorare la vita di adolescenti in difficoltà e donare un’altra chance
BORIS PAVAL CONEN è nato nel 1968, nel 1993 si è diplomato in regia e montaggio alla Netherlands Film and Television Academy (NFTA), a partire dal 1993 ha diretto episodi di serie tv, numerosi cortometraggi e lungometraggi, tra cui ricordiamo First Mission nel 2010, Exit nel 2013, Undercover nel 2015, Kamp Holland nel 2016, Dwaalspoor nel 2021e nel 2022 Dojo.
TEMI TRATTATI: Percorsi sportivi per prevenire la devianza minorile; Amicizia
CINEMA ODEON, lunedì 4 dicembre, ore 9,30
EXCURSION (EKSKURZIJA)
Regia e Sceneggiatura: Una Gunjak; Direttore della Fotografia: Matthias Pilz; Montaggio: Clémence Diard; Musica: Draško Adžić; Scenografia: Emina Kujundžić; Costumi: Katarina Pilić; Interpreti: Asja Zara Lagumdžija, Nađa Spaho; Maja Izetbegović; Mediha Musliović; Izudin Bajrović; Distribuzione: Salaud Morisset: Bosnia e Herzegovina, Croatia, Serbia, Francia, Norvegia, Qatar – 2023 – 94’
Film selezionato dal Festival di Locarno, Sezione Cineasti del Presente, ottenendo la Menzione speciale, agosto 2023
Età consigliata: 14 +
Il film EXCURSION, realizzato dalla giovane e talentuosa regista, Una Gunjak nasce dall’esigenza di fare i conti con il suo passato di adolescente e nel mettere in luce la difficoltà di crescere come donna nel suo Paese, attraversato da tante contraddizioni. L’idea, da cui poi ha avuto sviluppo la sceneggiatura, origina da un fatto di cronaca che turbò l’opinione pubblica: una classe in gita in Italia, al ritorno in patria, fu turbata da una notizia inaspettata e incredibile. Sette studentesse scoprirono di aspettare un bambino. I media se ne occuparono a lungo, mettendo all’indice, non solo queste ragazze, ma anche le loro famiglie. La società ancora tradizionalista, attraversata da una ritrovata rigidità religiosa, non poteva accettare ciò che considerava scandaloso. A partire dal ricordo di questo fatto di cronaca, la regista ha voluto verificare, con i giovani protagonisti del film, attori non professionisti, quanto fosse cambiata la società negli ultimi anni e quali fossero le libertà femminili e i modelli di riferimento. Il gruppo delle ragazze e dei ragazzi è stato coinvolto in un workshop, finalizzato alla conoscenza reciproca, allo sviluppo della storia, all’apprendimento dell’arte della recitazione. E’ stato scelto uno stile realistico, le riprese effettuate con la macchina a spalla, a pedinare i protagonisti, la luce naturale per illuminare i volti, i corpi e i luoghi senza abbellimenti o indulgenze. L’apparentemente piccola bugia di un’adolescente trascina la giovane protagonista del film in una tempesta di aspettative, condanne e dogmi sociali. La storia individuale di Iman, adolescente timida e testarda, funge da veicolo per riflettere il collettivo che la circonda, la società in cui vive. Iman è una ragazzina come tutte le altre della sua età: insicura, desidera essere considerata, vista, dai suoi coetanei. Si innamora di Damir e asseconda volutamente i pettegolezzi che lui diffonde, facendo credere agli altri che il loro rapporto fosse esclusivo e ormai da adulti. Una bugia confermata più volte, che origina conseguenze a cascata. Intrappolata in quella menzogna, inventa una gravidanza e diventa il centro di una controversia che va fuori controllo. Iman vuole sfidare la società e la propria capacità di sopportazione. Il montaggio alterna le riunioni dei genitori che devono decidere della gita scolastica dei figli, a quelle che coinvolgono i ragazzi, i loro incontri e scontri. La regista ha dichiarato: “Cosa significa oggi “diventare donna”? “Viviamo situati tra il vecchio e nuovo, tra il passato socialista e tradizionale da un lato e la società moderna dall’altro” “Iman prende coscienza della società che la circonda, comportandosi in un certo modo, rispettando determinate regole e morali, ci prova per capire il suo posto nel mondo. Eppure è anche diversa da qualsiasi altra ragazza: è audace, assertiva, intraprendente, assolutamente riluttante a essere una vittima, mentre, allo stesso tempo è ingenua e molto sensibile”
UNA GUNJAK è nata e cresciuta a Sarajevo, Bosnia ed Erzegovina. Ha studiato in Italia e in Inghilterra, dove ha conseguito il Master in Montaggio presso la National Film and TV School (NFTS). Mentre lavora ancora come montatrice, l’obiettivo di Una è dedicarsi anche alla sceneggiatura e alla regia. Nel 2014, il suo cortometraggio The Chicken, presentato in anteprima alla Settimana della Critica di Cannes, vince il Prix du Meilleur Court Métrage agli European Film Awards e viene successivamente selezionato da oltre 300 festival tra cui il Sundance. Il suo secondo cortometraggio, “Salamat From Germany“, è stato presentato in anteprima alla Quinzaine des Réalisateurs del Festival di Cannes nel 2017. EXCURSION è il suo primo lungometraggio e ha beneficiato del sostegno di Eurimages, di quello allo sviluppo di Cinemed 2019, l’Hubert Bals Script e Project Development Fund e Sorfond nel 2021.
TEMI Trattati: Pregiudizi – Controllo sociale – Identità di genere
CINEMA ODEON, martedì 5 dicembre, ore 9,30
RUDY
Regia: Shona Auerbach; Sceneggiatura: Shona Auerbach, Diane Allton; Fotografia: Graeme Dun; Montaggio: Shona Auerbach, Oral Norrie Ottey; Scenografia: Anna Louise Shelton; Musica: Akira Kosemura; Interpreti: Esther McCormick, Darren Day, Kanune Morrissey, Sylvia Lorden; Produzione e Distribuzione: Beluga Two Films, GB, 2023, 80’
Premi: Best Feature Film Birmingham Film Festival 2022; Darren Day, vincitore come miglior attore non protagonista ai British Independent Film Festival Awards 2022
Età consigliata: 12+
Rudy è un’adolescente che vive in una casa, circondata dalla campagna, insieme al padre e al fratellino piccolo. E’ una ragazza timida e introversa, stanca dell’isolamento in cui si sente costretta. Il suo sguardo a volte triste, l’espressione del volto pensieroso e corrucciato, tradiscono un dolore recente, quello della perdita della mamma. Un dolore che non trova parole e modo di essere manifestato, espresso. Il rapporto stretto con il padre diventa faticoso durante l’adolescenza, quando manca una figura femminile di riferimento, capace di mediazione. L’esigenza di integrare le magre risorse della famiglia induce l’uomo a dedicare una stanza della propria abitazione all’ospitalità, trasformandola in un bed and breakfast. Rudy cerca di opporsi, ma il padre è irremovibile. Accade allora che una donna molto anziana e un po’ stramba si affacci al loro uscio e chieda di essere accolta per qualche giorno. Si chiama Dorothea, è un’ex danzatrice, e ogni suo gesto, ogni movimento, svelano il suo passato, ingentiliti dalla grazia dell’arte coreutica. Rudy sulle prime si dimostra ostile e contrariata, poi gradualmente accetta questa presenza, che la “alleggerisce” in qualche modo dalla gravosa responsabilità di crescere il fratellino e di star dietro alle faccende domestiche… L’incontro con un coetaneo e l’amicizia che ne scaturisce le fa assaporare una spensieratezza inaspettata. Un divertimento “innocente”, come lei stessa dice al padre. Un’affinità di caratteri, tra due adolescenti che hanno conosciuto la sofferenza. I momenti di gioia sono messi però alla prova da eventi inaspettati. Il film Rudy, una toccante visione dell’amore, della perdita e dell’andare comunque avanti. Un racconto delicato, ambientato nel cuore di Coventry, nelle zone rurali del Warwickshire, un film indipendente, girato da una troupe piccola e vivace.
SHONA AUERBACH ha studiato cinema a Manchester e ha proseguito gli studi presso la Northern Film School, per poi completare il master presso la Polish National Film School di Lodz. Il suo primo lavoro, Seven, ha vinto il premio come miglior cortometraggio britannico e miglior film studentesco al British Short Film festival. È stato proiettato e ha vinto anche in molti altri festival. Shona Auerbach ha trascorso gli anni successivi dirigendo spot pubblicitari e allo stesso tempo preparando il suo lungometraggio d’esordio, Dear Frankie, proiettato in numerosi festival cinematografici, tra cui Un certain Regard a Cannes, dove ha ricevuto una standing ovation di 15 minuti dopo la proiezione al festival. Shona è stata nominata per il BAFTA come miglior attrice esordiente e per il BAFTA Scotland Award come miglior regista. Ha vinto premi all’Heartland Film Festival, all’High Falls Film Festival, al Jackson Hole Film Festival, al Los Angeles IFP/West Film Festival, al Montreal World Film Festival, al Seattle International Film Festival e al WinFemme Film Festival.
TEMI TRATTATI: Amicizia – Rapporto genitori figli – Sviluppo dell’autonomia
CINEMA ODEON, mercoledì 6 dicembre, ore 9,30
THE GIFT (Belek)
Regia e Sceneggiatura: Dalmira Tilepbergen; Fotografia: Akjol Bekbolotov; Montaggio: Dalmira Tilepbergen, Azat Mamunov, Eugeni Krokhmalenko; Musica: Eugenii Kim; Produzione: Gulmira Kerimova, Sadyk Sher-Niyaz, Dalmira Tilepbergen, Alex Telnov, Kirgisistan, 2023, 88’
Premi: Grand Prix e il premio NETPAC al Bengaluru International Film Festival; Premio della Giuria al New York International Film Festival; Commendation of Ecumenical jury award allo Schlingel Film Festival
Età consigliata: 12+
Questo film racconta la storia della piccola Arno e della sua famiglia, composta da altre quattro sorelle, dai genitori e dall’anziano nonno, e di un altro sparuto numero di persone che vivono in un remoto pascolo tra le alte e maestose montagne dell’Asia centrale. Sua madre è incinta e l’unico desiderio di suo padre è che lei dia alla luce un maschio. L’uomo viene preso in giro, quasi sfidato, da un altro abitante della zona, perché tutti i suoi tentativi di avere un figlio sono stati frustrati dalla sorte! Lo sfidante ha due maschi, ma è terribilmente infelice perché ha perso l’amata moglie e soffre per la solitudine. I suoi figli sono soli, lasciati senza guida e controllo e vivono da sbandati. Sembra che il destino abbia giocato con le vite dei due uomini, lasciandoli senza consolazione, in balia dei sentimenti più distruttivi, così da far subire le conseguenze delle loro azioni ai figli.
E’ dal nome scelto dal padre per le figlie che si comprende il dramma delle ragazze: non hanno nomi propri, ma definizioni che ne sanciscono in modo crudele la “non esistenza”: sono tutti sinonimi di “nessuno”, “senza nome”, “mancanza”, “vuoto”… Non sentirsi viste dal padre e anzi rifiutate, solo per essere nate “femmina” procura una grande sofferenza alle sorelle. Sono belle, intelligenti e sane, la mamma e il nonno se ne prendono cura, ma il padre testardamente continua a lottare contro il fato, che reputa ingrato e ostile. La sorella più grande consiglia ad Arno di rassegnarsi, di rinunciare ai suoi tentativi di essere accettata. Anche lei come Arno aveva finto di somigliare a un maschietto, tenendo nascosti i capelli e i segni della sua femminilità, ma, dopo aver compreso che niente sarebbe cambiato, aveva accettato il suo essere una ragazza. Il film racconta la vita e le dinamiche sociali in questo angolo di mondo, dove regna il patriarcato e la natura è incontaminata, affascinante e impervia. Con un colpo di scena si affaccia in quei luoghi, raggiungibili a fatica, un rappresentante dell’Occidente e a noi spettatori, ascoltandone i discorsi, capita di provare vergogna per la meschinità dell’approccio con altre culture e tradizioni. Il dramma di Arno è legato a una sua imprecazione (più che giustificata) che segna il suo destino e quello dei suoi cari. Il film è autobiografico, un racconto intimo e commovente, che permette alla regista di fare i conti con il suo passato e di riconciliarsi finalmente con suo padre. Il film esplora le delicate sfumature delle aspettative di genere, facendo luce sulle sfide affrontate dagli individui che si sentono intrappolati nelle norme culturali. La vita tradizionale sulle montagne del Kirghizistan offre ai bambini molta libertà, ma richiede anche modelli di comportamento e ruoli definiti. Basato sui ricordi personali della regista, ci invita a mettere in discussione i costrutti sociali ed esplorare il profondo impatto che hanno sulle dinamiche familiari.
DALMIRA TILEPBERGEN è nata nel 1967 nella regione Issyk-Kul nel Kirgisistan. Sin da giovanissima si è dedicata alla scrittura. Si è laureata nella Facoltà di Filologia dell’Università Nazionale a Bishkek nel 1989. Dal 2000 ha iniziato a girare i suoi film. Dopo aver completato la scuola di cinema a Mosca, ha realizzato numerosi documentari in Russia e Kirghizistan. Il suo primo lungometraggio “Under Heaven” è stato proiettato in numerosi festival cinematografici tra cui Canada, Stati Uniti, Russia, Kazakistan e Giappone. Nel 2015, al Montreal World Film Festival, ha ricevuto una menzione speciale della giuria per la migliore opera prima.
TEMI Trattati: Identità di genere – Patriarcato – Rapporti intergenerazionali
CINEMA ODEON, giovedì 7 dicembre, ore 9,30
SPARE KEYS (FIFI)
Regia: Jeanne Aslan, Paul Saintillan; Sceneggiatura: Jeanne Aslan, Paul Saintillan, in collaborazione con Agnès Feuvre; Direttore della Fotografia: Alan Gichaoua; Montaggio: Aymeric Schoens; Musica: Côme Aguiar; Interpreti: Céleste Brunnquell, Quentin Dolmaire, Chloé Mons, Megan Northam Winner; Produzione: Haïku Films, Distribuzione: Urban Sales, Francia, 2022, 109’
Premi: New Directors Award, 2022, San Sebastian International Film Festival Festival; Premiers Plans d’Angers Best Actor Award 2023; Winner of the Festival Ciné-junior large award and youth jury award 2023; Winner of the International Women’s Film Festival large award and critics union award 2023; Special Mention from the Prix du Scénario Sopadin 2021.
Età consigliata: 14 +
Sophie, soprannominata Fifi, 15 anni, vive in un minuscolo appartamento con la madre, il patrigno, cinque fratelli e un nipotino, in un palazzone della periferia di Nancy, nella Francia orientale. Il rumore, il disordine, la mancanza di spazio e di privacy, la povertà tormentano la ragazza, che sogna giorni di vacanza, di pace e di silenzio. La scuola è terminata e Sophie in un panificio incontra per caso una sua compagna di scuola. Insieme si dirigono verso l’abitazione della ragazza: Sophie scopre che l’amica sta per partire per un viaggio con i suoi genitori e, quasi senza pensarci, sottrae una copia delle chiavi della casa. Questo gesto inconsulto dà impulso alla storia e invita lo spettatore a intraprendere un percorso nella psiche dell’adolescente Sophie che, sia pure per breve tempo, sogna di cambiare vita, rifugiandosi in quella bella casa, temporaneamente libera dai suoi abitanti. Quanto diversa è la vita delle due ragazze! Una, Jade, è figlia di un dentista ricco, abituata al benessere e alla spensieratezza, l’altra deve assumersi responsabilità da adulta, convivere con una famiglia problematica, in difficoltà economiche, con fatture non pagate, debiti, piccoli furti, abituandosi alle rinunce. Tra le due giovani c’è rispetto nonostante tutto, non vi è ombra di invidie o gelosie o pregiudizi.
Quando Sophie sta iniziando a godere dei benefici della casa e dell’isolamento, appare inaspettatamente una persona sconosciuta: Stéphane, il figlio ventitreenne della famiglia, che studia in una business school a Parigi, si presenta senza preavviso il giorno successivo. Gentile, ironico e autoironico perdona l’intrusione di Fifi, arrivando addirittura a offrirle un lavoro estivo. Così i due protagonisti si conoscono, sondando il divario sociale che separa i loro due mondi, esaminandosi a vicenda e stringendo un legame… Costruito attorno a una sceneggiatura brillante (scritta dai due registi, in collaborazione con Agnès Feuvre), Spare Keys tesse metodicamente la sua tela, rivelando una grande complessità dietro l’apparente semplicità e fluidità della narrazione filmica. Il punto di vista sociale proposto dal film non è mai univoco, non si ricorre a facili stereotipi, c’è un gran rispetto per i sentimenti dei protagonisti, anche se non tutti i sogni probabilmente si avvereranno, come accade nella vita, mentre da tutto il racconto emerge il ritratto di una giovane donna indipendente e piena di risorse.
JEANNE ASLAN è la co-regista di SPARE KEYS, un film intimo su giovani appartenenti a due diverse classi sociali. Ha lavorato in coppia, regia e scrittura, con Paul Saintillan. Ci sono voluti cinque anni per scrivere la sceneggiatura di questo lavoro che volevano fosse sociale e accattivante. I due amici stanno già lavorando al loro prossimo lungometraggio. Jeanne Aslan aveva già diretto un cortometraggio nel 2004, Jeux de mains.
PAUL SAINTILLAN poco dopo aver completato gli studi di letteratura e filosofia alla Sorbona di Parigi, Paul Saintillan ha incontrato la regista di origine turca Jeanne Aslan. Nel 2010 ha diretto il cortometraggio LA PIQÛRE. Il loro primo lungometraggio insieme SPARE KEYS ha ricevuto una menzione speciale al Prix du Scénario 2021. Jeanne e Paul vivono attualmente a Lille, dove stanno lavorando al loro prossimo film.
TEMI Trattati: Disuguaglianze sociali – Primo amore – Ricerca dell’autonomia
MODALITÀ DI ADESIONE
Le classi che vogliano prenotare possono scrivere alla mail: zirottimarilena@gmail.com
Per informazioni sulle prenotazioni telefonare a: dott.ssa Marilena Zirotti 347 1659800
Informazioni generali: youngaboutfilmfestival@gmail.com